CHARLIE VIENE PORTATO ALLA RUPE. E NOI ZITTI. ANZI, PEGGIO: INERTI.




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Hanno iniziato la sedazione, tra poco toglieranno i tubi che lo fanno respirare. 
Manca poco e sarai tra le braccia del Signore. Dal Paradiso prega la Madonna affinché dia consolazione ai tuoi genitori. 
Ciao piccolo Charlie! 
Ricordati di noi da lassù.


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CHARLIE VIENE PORTATO ALLA RUPE. E NOI ZITTI. ANZI, PEGGIO: INERTI.



DI LUCIA SCOZZOLI
Sono furiosa: Charlie Gard domani sarà sedato e poi gli staccheranno il respiratore. Succederà in quel maledetto ospedale londinese, perché i medici hanno negato ai genitori l’autorizzazione per portarlo a casa a morire (si sarebbero pagati per conto proprio ogni spesa di assistenza e trasporto). Succederà presto, senza lasciare il tempo ai parenti di arrivare e dare l’ultimo saluto52086672.jpg.
Quanta fretta eh. Secondo i genitori, Charlie non stava peggiorando affatto. Volevano solo provare una cura sperimentale. Magari avrebbe funzionato e sarebbe sopravvissuto. Certo difficilmente sarebbe tornato perfettamente sano, ma un po’ sarebbe vissuto. A loro bastava.
La CEDU si era presa tre settimane per rispondere al ricorso, ma ha risposto in tre giorni.
I medici avevano dichiarato che la procedura di distacco sarebbe avvenuta con calma, preparando bene i genitori, e invece si fa domani, no a tutte le richieste dei genitori. Come mai? Va a finire che Charlie sta migliorando per davvero?
Doveva morire ad aprile, siamo a luglio e, col suo respiratore, è ancora vivo. Se era così grave come mai non è morto nel frattempo?
Uccideranno un bambino vivo, non morente, non agonizzante. Prima lo sederanno, per non farlo soffrire (perché morire soffocati non deve essere bello), ma così probabilmente non si vedrà nemmeno se Charlie ha la capacità di respirare autonomamente, almeno per un po’.
Sono furiosa, perché i genitori sanno come sta il proprio figlio meglio dei dottori. Non ci credete? Ho detto una sciocchezza? charlie_gard__6_jpg-js306303692Ma non l’ho detta io, l’ha detta il primario di chirurgia pediatrica del Sant’Orsola di Bologna, lo ha detto a me, personalmente, nel lontano 2008, mentre la mia bambina di 4 mesi lottava tra la vita e la morte nel suo reparto. A me, una madre a brandelli, del tutto ignorante di medicina, il grande luminare espertissimo della materia chiese se la dovevano operare in fretta o se potevano aspettare, mi chiese come stava, se sentivo che ce la faceva ancora, perché solo una madre, seduta accanto ad un lettino, tra fili e tubi, sa cogliere le sfumature del respiro, gli affanni aumentati o diminuiti, la forza che torna o se ne va. Non bastano le cartelle cliniche, i monitor, gli esami. Serve lo sguardo assiduo di una madre.
Per questo io credo a Conniepri_42681982.jpg: lei dice che stava crescendo e mostrando segni di miglioramento. Al diavolo i dottori!
In Europa muoiono di eutanasia più o meno coatta un numero esorbitante di persone: vecchi, dementi, depressi, molto molto di più che malati terminali. In Olanda l’eutanasia uccide il 3% della popolazione, 5000 persone all’anno. Ci sono cause in corso di parenti contro gli ospedali che hanno terminato loro un congiunto senza autorizzazione, ma non se ne parla per niente, un po’ perché è meglio tenere queste notizie sotto silenzio, un po’ perché le persone coinvolte non hanno la grinta per fare troppo strepito. In tanti sospirano e tacciono. Perché non ci indigniamo per loro come per wire-384477-1491974073-296_634x475.jpgCharlie?
Il motivo sta tutto nei genitori: Connie e Chris hanno qualcosa di speciale, una forza sovrumana, una caparbietà impensabile, un’aurea eroica. Non può essere un caso.
Nel desiderio del proprio cuore c’è un segno divino, soprattutto quando il desiderio è così cocente, controcorrente, puro, limpido. Forse questo caso non è un caso qualunque, forse è un segno per il mondo, una prova per l’umanità.
La gente ha fatto veglie di preghiera perché i giudici lasciassero andare Charlie in America: qualcuno però ha scritto che abbiamo avuto poca fede, che dovevamo chiedere che guarisse.
Io dico di più: dovevamo prendere l’aereo e andare là. Perché siamo ancora qui a scrivere post strappalacrime sul web, a firmare petizioni? 19601196_839409392881002_2363155235732231735_n.jpgPerché non siamo fuori dall’ospedale, coi cartelli ma anche coi forconi, con le mazze, con le mani nude? Veramente ci facciamo ammazzare da trenta prepotenti? Quanti sono i medici coinvolti in questa vicenda? E i giudici? In 83.000 hanno donato soldi: non siamo 100.000 nel mondo a voler difendere Charlie? Come mai siamo seduti sul divano di casa nostra invece che stare là davanti a sfondare la porta e a prendere per il collo i medici? Una bella diretta in mondovisione, ci vuole, con gli elicotteri che sorvolano la zona, i poliziotti in assetto anti sommossa, la folla che urla insulti agli assassini. Dobbiamo prendere in ostaggio i medici, chiedere un volo charter che vada dritto negli USA per liberarli. Ne devono parlare tutti, ci vuole una dichiarazione dei genitori a reti unificate in tutte le lingue del mondo, devono vedere questa famiglia, questa meravigliosa famiglia!
Dobbiamo scoperchiare il velo dell’ipocrisia sulla “morte dignitosa” che diventa morte di Stato, dobbiamo pretendere che la libertà di scelta e di autodeterminazione includa primariamente la vita.
Hanno fretta, i medici, di chiudere questa faccenda che li tiene sulle spine, di spegnere i riflettori, di far scivolare di nuovo nell’apatia la popolazione europea, ormai abituata ad ingoiare di tutto. Hanno paura che ci risvegliamo, che gli urliamo buh e li facciamo cadere. Noi siamo solo formichine, ma siamo tanti, loro sono pochi e prepotenti.
Poi, dopo, mentre paghiamo in galera la nostra disobbedienza civile, pregheremo. Pregheremo per noi, per Charlie, per questa Europa maledetta e neo nazista.
Ma non succederà niente di tutto questo. Tanti rosari, tante richieste di un miracolo da parte di Dio, ma il miracolo dovevamo farlo noi.
Sono furiosa, con me: mi dispiace Charlie, è anche colpa mia. Che tu possa perdonarmi.
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«Un jour, tu verras, / on s’aimera. / Mais avant on crèvera tous / comme des rats» • «Un giorno, vedrai, / ci ameremo. / Ma prima creperemo tutti / come topi» (Stromae, Carmen)

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